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Fortepiano. La magia è di scena.

Non sono mai stata un'appassionata intenditrice del teatro di figura. Mi hanno sempre affascinato di più le parole rispetto alle immagini e all'azione. Ma quando uno spettacolo è perfetto, come in questo caso, non importa quale sia la sua forma. Bisogna vederlo e bisogna parlarne affinché tutti possano beneficiare della ricchezza artistica del nostro territorio. Claudio Cinelli è famoso in tutto il mondo per i suoi spettacoli e pertanto le informazioni che si trovano su di lui in rete sono sufficienti a soddisfare la curiosità dei più. Ciò che invece non si può raccontare è la magia. Un pianoforte e il suo pianista. Un crisantemo che sembra casualmente sdraiato in scena, dei volumi antichi e un'abat-jour che non deve essere accesa. La scena è minima. Poi parte la musica e partono gli inconvenienti. Un tasto che non suona come dovrebbe dà inizio alla catena di eventi e personaggi che si succederanno sul palco. Un pelouche può muoversi? Può annoiarsi, arrabbiarsi e vendicarsi? Può dispiacersi e commuoversi? In Fortepiano tutto è possibile. Sospesi nel buio prendono anima, corpo e sentimenti gli oggetti inanimati. Prendono le stelle al volo, si illuminano e danzano i violini. Si ribaltano i libri e diventano enormi partiture musicali. Si svelano trucchi e si aprono gole al canto. Voci limpide e piumate creature si sposano e si prestano alle nostre attonite bocche aperte. Alle nostre orecchie incredule. Ai nostri occhi stupiti. Il movimento e le note acquistano qui le fattezze di un sogno, con cui condividono la stessa consistenza materica.
In un tempo digitale in cui le nuove tecnologie possono sostituirsi all'uomo e riprodurre miracoli e immagini impossibili nella realtà, ecco apparire uno spettacolo analogico, in cui le mani dell'uomo tutto possono e producono. Anche l'incanto. Anche la magia.

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