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Demasiado corazon

Mi colpì il titolo in spagnolo fra gli scaffali della libreria. Non avevo mai sentito nominare l’autore né il libro. Lo comprai così, per caso, guidata dal caso, oppure dall’istinto. La convinzione fu totale quando, nella quarta di copertina, lessi che la storia si svolgeva in Messico. Messico. Il ricordo di quella terra ancora mi pulsava dentro come fosse presente, anche se erano passati dei mesi dal mio ritorno. Con quel viaggio riuscii definitivamente a capire che le vacanze tradizionali non facevano per me. Non per un altezzoso rifiuto del divertimento di massa, o del piacere dell’ozio cullato dal rumore di un mare caraibico, nessun rifiuto della normalità da parte mia. Semplicemente avevo capito che non mi divertivo se l’unico scopo era divertirsi. Per me l’unico modo di vivere una vacanza vera era emozionarmi conoscendo nuove persone. Conoscendole davvero, profondamente. Ancor meglio se queste persone potevano insegnarmi una cultura altra, lontana e distante da quella che conoscevo già. Così Messico per me voleva dire strade di fango nella stagione delle piogge, contornate da costruzioni prefabbricate in cemento senza vetri alle finestre e senza servizi igienici. Messico erano due occhi liquidi e trasparenti, verdissimi, incastonati in una pelle di cioccolata. Messico erano spari di notte, non si sa da dove, non si sa perché. Messico era un temporale improvviso e violento, un turbinio d’acqua e di buio, che lascia il posto pochi minuti dopo ad un sole lento, calmo, appiccicoso e stanco. Messico era una notte strappata al sonno pur di raccontarsi sui tetti le nostre vite. Noi volontari alla ricerca di noi. Noi giovani senza idee chiare. Noi che imparavamo dai bambini messicani come essere adulti forti e felici. Tutto questo, e molto altro ancora, risvegliò in me Pino Cacucci con il suo titolo. La trama, invece, era lontanissima dalla mia esperienza di Messico. Un ritmo incalzante e una trama intricata, dei personaggi dubbiosi e mai stanchi. Ma un messaggio forte e inequivocabile, che sottende a tutto il libro. L’amore per l’uomo, che sempre deve essere al di sopra di tutto, e che non può essere sottomesso alla bramosia di denaro. Un libro-inchiesta, tutto vero. Cacucci mi ha fatto capire che non è solo il giornalismo a poter veicolare la realtà, a smontare la società, ma anzi oggi più che mai, chi davvero ci può aprire gli occhi sulla società e sul suo percorso, è l’arte, e la letteratura in primis. Letteratura d’inchiesta, perché verità e bellezza parlano lo stesso linguaggio.

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