Recensione di Il Maestro e Margherita di Michail Bulgakov

Dico la verità, non è stato semplice leggerlo. La scrittura, forse anche complice una traduzione faticosa, è vischiosa e non lascia scivolare il lettore sulle parole. Mi rendo conto di parlare di un capolavoro della letteratura mondiale, e non vorrei offendere la sensibilità dei tanti che lo ritengono un libro meraviglioso, ma mi è sembrato "scollato" per così dire tra una parte e un'altra. Forse le numerose stesure, la prima originale andata perduta, l'incompiuta revisione da parte dell'autore, i tanti che ci hanno messo le mani sopra. Tutta questa compagine composita ha, per me, un influsso negativo sul complessivo risultato finale. Ho amato a dismisura la storia di Pilato. Mi è sembrato che descrivesse non più o soltanto la storia che tutti conosciamo da un altro punto vista, ma una storia nuova, fatta da personaggi ancora più umani e più veri, più fallibili e grotteschi, di quelli che ci hanno fatto conoscere attraverso i testi ufficiali della chiesa cattolica. Mi ha appassionata la descrizione della luce nei vari momenti del giorno e della notte, l'emicrania di uno e la follia maniacale di un altro, l'affetto di un cane per il padrone e l'aria stessa che c'era nei giorni in cui Cristo moriva. Bulgakov ha saputo rendere tutto questo un dipinto intessuto di parole, vivido, dalle pastose pennellate di colori accesi, date con pennelli piatti e larghi. La storia, di per sé bellissima, madre di ogni metafora e figlia di ogni satira, del diavolo che in Russia crea scompiglio e spavento, ma riporta quasi giustizia per i crimini degli uomini, resta però disorganica e faticosa da seguire. Spesso ripetitiva. Lenta nel trascinare il lettore nelle vicende e a volte distratta mancando di precisare dettagli importanti. Sì, credo che se Bulgakov fosse vissuto ancora ce ne avrebbe lasciata una versione diversa, ancora migliore. Per i contenuti e per l'idea, comunque, non posso che ammirare l'originalità e la creatività di questo libro. Alla prossima recensione!